Rivalutazione giudiziaria per Di Martino, l’uomo ha ucciso il padre per difendere la madre: difesa o delitto intenzionale.
Il 49enne Di Martino è stato condannato in primo e secondo grado per l’omicidio del padre 73enne, un delitto che egli sostiene essere stato commesso in difesa della madre durante una violenta lite familiare. La recente decisione della Corte di Cassazione di annullare la sentenza di appello per Giuseppe Di Martino e richiedere un nuovo processo davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Perugia ha riaperto il caso giudiziario.
Tragedia: uccise il padre per difesa o omicidio volontario
Nella notte tra il 13 e il 14 giugno 2019, una discussione familiare si è trasformata in tragedia. Secondo la ricostruzione di Di Martino, il padre, nel corso di una violenta lite, aveva aggredito fisicamente la madre 76enne. Giuseppe Di Martino afferma di aver afferrato il padre per il collo, portando involontariamente alla sua morte in seguito a una lotta corporea durante la quale l’anziano avrebbe sbattuto più volte la testa sul tavolino.
Questa versione degli eventi, tuttavia, è stata messa in dubbio dalla Procura. Le autorità sostengono che Di Martino abbia volontariamente strangolato il padre, una tesi supportata dalle parole della sentenza di primo grado.
“La condotta complessivamente posta in essere dall’imputato evidenzia una incontrovertibile determinazione da parte di Giuseppe Di Martino” si leggeva nella sentenza.
La revisione della sentenza e le prospettive future
Il caso di Giuseppe Di Martino si è complicato ulteriormente con l’intervento della Cassazione. La Corte ha dichiarato fondato il ricorso presentato dall’avvocato Marco Pierdonati, difensore di Di Martino. Si pone l’accento sulla questione del trattamento sanzionatorio e le attenuanti generiche non prese in considerazione. Di conseguenza, il nuovo processo dovrà rideterminare la condanna, considerando la possibilità di omicidio preterintenzionale piuttosto che volontario.
In primo grado, Di Martino era stato condannato a 25 anni di reclusione per omicidio volontario aggravato, pena poi ridotta a 21 anni in secondo grado. La difesa ha sempre insistito sulla natura preterintenzionale dell’omicidio, basandosi sulla ricostruzione dei fatti fornita dall’imputato.